giovedì 15 dicembre 2011

Un poeta.

Non c’era  posto che le piacesse di più al mondo.
La Biblioteca statale era situata in un vecchio edificio a cui si accedeva tramite un’imponente rampa di scale.
Mentre saliva quelle scale Sofia sentiva di lasciare indietro tutti i pensieri e le preoccupazioni.
Vittima di una madre insoddisfatta e nevrotica, Sofia non trovava nessun gusto nel vivere. Una ragazza di 16 anni appena compiuti, tutti trascorsi a scusarsi di esistere.
Ma in Biblioteca aveva trovato un’altra vita. Un rifugio nel quale poteva dimenticarsi di se stessa ed immergersi nella storia di un altro, vissuto, magari, cento anni prima, oppure partorito dall’immaginazione di chissà chi.
Nessuno la braccava quando era in Biblioteca, nessuno le urlava che doveva darsi da fare. E allora, non appena poteva,  saliva l’ampia scalinata, attraversava il pesante portone e s’infilava in quel meraviglioso mondo, enorme e silenzioso, dove ogni libro aveva un suo posto. E anche lei.
Vi aveva notato un giorno, per caso, un uomo imponente, alto e robusto, di circa settant’anni, decisamente ben portati. Indossava un doppio petto nero. Si muoveva  con il portamento di un quarantenne. I capelli erano nerissimi, nonostante l’età. Un paio d’occhiali con la montatura nera e le folte sopracciglia, nere anch’esse, davano a quel viso legnoso un  aspetto da vecchio contadino.
Compariva tutti i mercoledì. Ritirava due o tre testi. E li studiava.
Talvolta chiudeva il libro e lo poggiava sugli altri, formando una piccola pila. Lentamente estraeva dalla tasca della giacca una copia dell’Espresso e leggeva con attenzione, sottolineando con una vecchia matita rosso-blu da insegnante i passi notevoli. Poi riponeva in tasca il giornale, e riprendeva il libro.
Sofia restava ore a guardare l’uomo dai lineamenti antichi, forse bello un tempo, prendere appunti su piccoli fogli che poi piegava con cura e metteva in tasca.
Un mercoledì finalmente chiese alla bibliotecaria chi fosse.
“Un poeta”.