martedì 7 febbraio 2012

Una voce che ride nella neve


Una voce che ride nella neve

Due

Arrivarono sotto i portici di Piazza Castello ed entrarono nel caffè.
L’atmosfera dei caffè piemontesi in inverno è particolarissima. Non la ritroverete in nessun altro posto al mondo, ne sono certo.
Entrando, tra il calore e il profumo della boiserie dell’arredamento, misto a quello della cioccolata calda, un’intensa sensazione di benessere pervaderà progressivamente il vostro corpo, ancora intirizzito dal freddo.
E quel vociare discreto, a voce bassissima, degli astanti seduti ai tavoli, vi fa sentire l’anima avvolta in una morbida coperta.
Anche quel giorno Giorgio provò la stessa sensazione, sotto braccio a Silvana.
Presero posto a un tavolino vicino alla vetrina che dava sui portici.

“Che prendi?”

“Una cioccolata calda, e tu, Giorgio?”

“Anch’io, ma con la panna. Visto che hai spezzato la felicità della mia passeggiata solitaria nella neve, mi consolo almeno con la panna.
Come stai Silvana? Allora, cosa ci fai qui a Torino? Ti mancava l’aria di casa?”

Un sorriso finalmente distendeva i tratti del viso di Giorgio.
 
“Sono qui dall’altro ieri. Mi tratterrò due settimane. Ho un impegno in tribunale.
Ricordi la mia amica Luisa? Le avevo dato una mano per istruire una causa. Adesso si avvicina la prima udienza e mi ha chiesto se avevo voglia di prepararla insieme.
Contavo di chiamarti, Giorgio, ma mi sei comparso davanti prima, travestito da pupazzo di neve.
Quando ho deciso di venire due settimane a Torino, la prima cosa a cui ho pensato è stata che avevo desiderio di rivederti. E che ti avrei cercato.”

Era strano lo sguardo di Silvana.
Lei sorrideva, ma gli occhi tradivano una nota di fondo malinconica.

“Come stai Silvana?”

“Sto bene. Sto bene.”
Ci furono alcuni minuti di sguardi e di silenzio, rotti dall’arrivo del cameriere con le cioccolate fumanti.
Un’impercettibile ombra di sollievo trasparì dagli occhi di Silvana:

“E’ la migliore cioccolata calda di Torino”.

Giorgio cominciò a mangiare lentamente con voluttà la panna mescolata accuratamente alla cioccolata calda nel cucchiaino. Stemperava così il sapore intenso del cacao amaro e ne abbassava la temperatura nel portarla alle labbra. Sorbire la cioccolata calda con la panna così, portarla alle labbra, era più sensuale di un bacio.

“ Giorgio, lo hai capito. Non è vero che sto bene.”

“Problemi con Edoardo?”

“No, figurati. Per lui e con lui non ci sono mai problemi. Anzi, forse le sue attenzioni per me, sempre intensissime, a volte mi fanno sentire oppressa.”

“Silvana, tu ami Edoardo immensamente, da sempre.”

“Sì, ma ciò non toglie che a volte…
…insomma, a volte mi sento…non infelice, non sarebbe giusto. Sento che non so neanche io cosa mi manchi. Ma sento che qualcosa mi manca.
Qualche giorno fa, proprio alla vigilia della partenza per Torino, vedendolo tutto premuroso aiutarmi a preparare le borse, mi venne in mente un amore, anzi, più che altro un’avventura dei tempi dell’Università.”

“Ma stavi già con Edoardo allora.”

“Sì, non te l’ho mai raccontato, ma per alcuni mesi ci eravamo lasciati. Anzi, non proprio. In effetti continuavamo a fare l’amore, ma non stavamo insieme.”

“Uauuu, scoprire che tra te e Edoardo c’è stata una crisi, sia pure lontana, ha dell’incredibile.”

“Ma poi, come vedi sono rimasta sempre con lui. E tu, Giorgio, solo tu sai quanto io debba a Edoardo. Sai che gli devo tutto. Oltre a lui, solo tu conosci questi miei segreti.”

“Sì. E’ Così”

“Insomma, era un ragazzo di Ancona. Lo avevo conosciuto a un Festival dell’Unità a Bologna.”