domenica 18 dicembre 2011

La Chioma di Berenice.

(Appunti di una sera di compleanno)

“Centotrentotto gradi!”
“Come mai non parte il bruciatore?”
“Vede, ingegnere, queste caldaie sono diverse da quelle tradizionali. Adesso è acceso solo il pilota, appena la temperatura avrà raggiunto i centocinquantacinque gradi, partirà il bruciatore.”
“Questo perché deve prima riscaldarsi bene l’olio diatermico” Aggiunse il fuochista più giovane.
“Se tenta di forzare a mano la sequenza prima dei centocinquantacinque gradi, va in blocco la caldaia”.

L’odore dei compartimenti cuccette dei treni ti rimane addosso. Ti si appiccica alla pelle. Finché non fai una doccia, sembra non andare mai via.
Poi, negli anni, se per caso salendo su un treno ti sembra di risentirlo, lo riconosci subito, è l’odore dell’emigrazione, dei pendolari settimanali dal sud. Dei pendolari poveri. Gli altri non hanno il privilegio di sentirlo. Per loro c’è quello del kerosene degli aerei o della moquette dei vagoni letto.
Tornavo a casa in compagnia di un vecchio operaio siciliano e di un impiegato napoletano che lavorava in una ASL del Friuli. Ma poteva essere una sera qualunque di un ritorno o di una partenza qualunque, e con me vecchi operai dei cantieri di Castellammare di Stabia trasferiti a Monfalcone. E non parlare del Catania, ma dei nipotini lasciati con la moglie e con la figlia a Napoli. Sola ragione e necessità di lavorare pur così vecchio, pur così lontano.

“Centocinquantacinque gradi. E’ partito il bruciatore!”
“OK, l’acqua demineralizzata arriva correttamente alla centrale numero 1.
Per fare andare la pompa più grande ho dovuto by-passare la protezione dell’interruttore al quadro. Altrimenti scatta il termico e me la ferma.”
“Non voglio giochetti!-Mi intromisi- Cerchiamo una soluzione sicura.”

Alle sette di sera precise smettevo di studiare e uscivo per i vicoli bui del Pallonetto di Santa Chiara. In dieci minuti raggiungevo una sala biliardi e giocavo cento lire al flipper. Era una delle poche sale rimaste in cui una partita costava ancora venti lire.
Di solito vincevo un po’ di partite. Giocavo mezz’ora e poi tornavo a casa.
Qualche volta incontravo Peppe, che abitava al Pallonetto. Oppure Pacifico, mio amico dall’età di cinque anni, compagno di battaglie a cartellate in testa in seconda elementare.
Ma lui era in prima perché più piccolo.
Pacifico consumava le sue sere in Piazza del Gesù.
Acadeva che oltre a lui incontravo compagni di terza liceo -io ero in prima- con i quali parlavamo di guardie rosse, di Vietnam, di Movimento Studentesco, di PCI. Del futuro dopo la maturità.
Due, su tre di loro, si sarebbero iscritti a Filosofia.
Per me era presto per scegliere.

“Che rischi ci sono con il by-pass che lei ha fatto? Il quadro è protetto?”
“C’è il termico”
“E se non fa in tempo a intervenire?”
“Come non fa in tempo? E’ impossibile una simile eventualità.”
“Ma se non fa in tempo a intervenire, cosa succede?”
“Beh, in tal caso si fermano gli ausiliari.”
“E si blocca la centrale 2!”
“Anche la 1 se è per questo!”
“Allora il by-pass non è praticabile come soluzione.” Dissi.
“A che cosa serve questo interruttore da quaranta Ampere?” Chiesi.
“E’ per una presa, ma si usa poco.”

Guardavo il cielo stellato da una terrazza sulle mura di Saint Paul De Vance. Davanti a me c’era il dolce degradare delle colline verso il mare. Nell’aria della sera, fresca, profumata di mare e di pineta, scrutavo il cielo, illudendomi di cercare la Chioma di Berenice.
In verità non ero per niente sicuro che in quella stagione dell’anno -era l’inizio della primavera- fosse visibile la costellazione alle nostre latitudini, ma mi piaceva immaginare che lo fosse. E la cercavo.
Sforzando molto la vista e la mia fantasia, infine la vedevo. E ripetevo a memoria i versi di Catullo e di Foscolo. Di quelli di Callimaco solo frammenti.
Così passavano i minuti.
Tutte le sere in cui il cielo era terso.
Lungo la strada un rigagnolo d’acqua scorreva per terra riflettendo le luci.
Più che un sogno era stato un progetto costruito lungo tutti gli anni della mia vita. Ritirarmi in Provenza era stato il mio obiettivo finale. Dopo gli studi, il lavoro, la carriera, i successi, gli insuccessi, l’amore, la famiglia.

“Allora possiamo usare questo interruttore per la pompa, così siamo sicuri. Procedete!”