Uno dei momenti più piacevoli della giornata, quando sono in
Francia, soprattutto d’estate, è andare a comprare la baguette o la michette da
quella che chiamo la mia spacciatrice di pane.
E’ una vecchia bottega di panetteria artigianale, a circa
300 metri da casa mia.
Certe mattine, poco prima delle undici, scendo di casa, esco
dal portone sulla strada assolata, mi porto dal lato in ombra, e cammino a
passo lento, godendomi l’aria sempre un po’ fresca, per il tiraggio che fanno
queste lunghe traverse che degradano molto lentamente fino al mare.
Sapere che sto andando a prendere il pane mi mette subito di
buon umore.
Il bello della vita qui è godere le piccole cose, in un
edonismo minimalista che sembrerebbe contraddire la fama snob di questi luoghi.
Se il cielo è un po’ coperto, l’atmosfera è ancora più
gradevole.
Raggiungo il primo incrocio, guardo la lavagna del bistrot
di fronte, sulla quale è scritto il piatto del giorno.
La leggo con attenzione e curiosità, anche se non ho in programma
di pranzare là, commento tra me e me la proposta, un auspicio per la giornata, attraverso
la strada e continuo a camminare.
Passo davanti al negozio di fiori e al negozio di strumenti
musicali, guardo in un'altra traversa in fondo alla quale è un piccolo
supermarket, una superette, come dicono qui, pensando se mi serve
qualcos’altro.
Poi vedo la bottega, di vecchio panettiere, con le sue
boiserie rosso ciliegio, fuori il banchetto con “Nice matin”, e il profumo del
pane appena sfornato.
La panettiera, la mia spacciatrice di pane, è una donna sui
quarant’anni, dall’aria di scoppiatona di una volta, a metà tra Zola e Kerouac.
Il viso non è bello, ma ha un che di piacevole, con quel suo aspetto drogato,
precocemente invecchiato.
Mi piace immaginarla giovane hippy, strafatta di qualunque
cosa, che a una certa età col suo compagno ha rilevato la panetteria.
Dentro la bottega, alle spalle del banco, i ripiani di legno
sui quali è il pane: pane di campagna, bianco e nero, in pagnotte piccole e
grandi, pane ai cereali, ma, soprattutto, baguettes e il loro capolavoro, le
michettes.
Ma le michettes sono sfornate solo alle undici e solo pochi
pezzi, per cui se si arriva troppo presto c’è da aspettare, se si arriva magari
già solo alle undici e dieci, non se ne trovano più.
Per questo vado verso le undici, e qualche volta aspetto.
Il forno è a vista, dietro al banco. Il fornaio è il
compagno della panettiera, anche lui sui quaranta, tatuatissimo, con i capelli
lunghi, gli occhi da drogato perso, gentilissimo e simpatico.
Non c’è bisogno di chiedere, la signora mi porge, se c’è, la
michette, altrimenti mi fa uno sguardo complice di comprensione e mi porge una
baguette.
Caldissima di forno.
Pago.
Saluto.
E piano, molto piano, a passi lentissimi, ritorno a casa.
Nizza, Agosto 2010.