Era una bellissima domenica di maggio.
Eravamo a Napoli, ai “Cavalli di bronzo”, davanti al Maschio
angioino.
C’era quell’aria di primavera e quei colori che non ho mai
più ritrovato in nessun’altra parte del mondo.
Colori pastello illuminavano l’aria.
Di solito a Napoli i colori, nelle giornate di sole, sono
molto intensi, con forti contrasti su un tono di fondo tendente all’arancione,
per via del tufo. Ma quel giorno era diverso. Era primavera inoltrata. Da poco
eravamo reduci dai guasti fisici e sociali del terremoto, e io e la mia
famiglia ne eravamo stati colpiti duramente.
Era il 1981.
Mi ero laureato in ingegneria con 110 e lode da pochi mesi.
E da pochi giorni avevo superato, con il massimo dei voti, l’esame di stato per
l’abilitazione alla professione.
Mi sentivo l’uomo più potente del mondo.
A dispetto del terremoto.
A dispetto della mia povertà.
A dispetto delle sicure difficoltà che avrei trovato nel
cercare lavoro.
Ma a questo avrei pensato da lunedì. Quella mattina io e la
mia compagna andavamo a Sorrento per passare una giornata felice.