martedì 20 marzo 2012

Grenoble. Ore 21,25.


Il cielo aveva toni che dal blu scuro allo zenit degradavano al viola all’orizzonte. E dietro la linea s’intuiva un pallido bagliore tra l’arancione e il rosso, rimembranza residua del tramonto ormai finito. 
Così Lampugnano mi accoglieva all’uscita dalla metropolitana.
In lontananza la prima stella attirò il mio sguardo.
Nel blu.
Nel viola.
Ai confini del pallido rosso-arancione.
Uscii dal lato della stazione dei pullman. Erano le sette di un pomeriggio di settembre.

Mi è sempre piaciuto fermarmi nei posti da cui si può partire e andare lontano.
Da ragazzo, a Napoli, passavo interi pomeriggi d’estate al molo beverello a guardare i traghetti e le navi partire. Ischia. Capri. La Sicilia. Tunisi.
Da giovane spesso partivo per Roma, per lavoro, e alla stazione mi fermavo vedevo estasiato i treni per Torino, per Milano, il Napoli Express per Parigi. Osservavo la gente dietro i finestrini, immaginavo il loro arrivo, in città lontane e con la mente mi vedevo là, come se quei treni rappresentassero un legame istantaneo tra me e quei luoghi.
Da adulto, nei tanti aeroporti sparsi per il mondo, passavo tutto il tempo di attesa guardando il tabellone delle partenze e cercando le destinazioni più strane: Doha, Shangai. Vilnius.

Così nell’aria fresca di uno strano settembre attraversai lo stazionamento dei pullman per raggiungere l’area della Festa Democratica, dove avrei assistito a un dibattito e poi cenato salamelle e birra.

Il tabellone luminoso di uno dei marciapiedi attrasse la mia attenzione.
“Grenoble.
  Ore 21,25.”
Rimasi come turbato. Conoscevo Grenoble, c’ero stato più volte.
Immaginai il viaggio in pullman. L’autostrada. Torino. Chambery, quanto amavo Chambery.  E poi le soste agli autogrill nel cuore della notte.
Un caffè.
Le Alpi dal finestrino.
“A che ora arriverà? “ Mi chiedevo. “Verso le 5 del mattino”, pensai.
Restai ancora qualche minuto.  Poi andai alla Festa.

Al dibattito ero distratto. Ricordavo al mio primo viaggio. In treno, verso Parigi, da ragazzo, in inverno.
Le Alpi.
La notte.
La neve. 
Mi svegliai alla stazione di Chambery, completamente bianca nel cuore della notte.
Ogni tanto coglievo qualche frase del dibattito, come in un dormiveglia. Ma la mente era sempre fissa a quel tabellone luminoso e la fantasia a Chambery e al 1980.

Finito il dibattito, andai allo stand griglieria. Mangiai la salamella. Bevvi la pinta di birra fresca. Chiacchierai un po’ di politica. Salutai qualche amico.
Lasciai la festa.
Erano le nove e un quarto. Le 21,15.
Il pullman era lì.
All’interno lo illuminavano luci blu soffuse.
Il cartello continuava a segnare
“Grenoble.
  Ore 21,25.”
Mi avvicinai.
L’autista aveva già messo in moto.
 Gli chiesi: “C’è ancora posto?”
“Sì” mi rispose guardando i comandi del cruscotto.
“Si può fare il biglietto a bordo?”
“Certo, signore”, con uno sguardo sereno.
Salii.
Pagai il biglietto.
Mi accomodai tra i pochi viaggiatori in un posto vicino al finestrino.