giovedì 1 marzo 2012

Dolcissima Maria

Due.

Da: Angela
A: Andrea D
Giovedì 3 ottobre 22.43
Oggetto: R: Andrea.

Come vedi ti rispondo subito.
E, ti ripeto, tocca a me colmare il vuoto tra noi, e tu sai il perché.
Appena dopo la tua maturità ci perdemmo di vista.
E fu per colpa mia.
Tu eri all’Università, io all’ultimo anno del liceo, in terza.
Ero innamorata di te. Lo ero da sempre e, forse, anzi, togli il forse, lo sono ancora.
Avevo sperato per due anni che il tuo interesse per me, dall’amicizia e dalla militanza politica, che ci aveva visti sempre insieme, stretti, si trasformasse in desiderio.
Fu una sera a casa di Aldo. Ricordi i sabati? Ci trovavamo tutti a casa sua.
Eri con Mara.
Fu un lampo.
Un attimo.
Capii.
Con Mara eri da sempre.
Con Mara saresti stato sempre.
Furono i vostri sguardi.
Prima, quando eri al liceo, non li avevo mai percepiti.
Era un’illusione, credere ad ogni costo, sperare.
Ma quella sera. Quella sera l’intuito femminile mi guidò, finalmente.
E spense le illusioni.
Quella sera di un sabato di ottobre decisi di non rivederti più.
Fu una scelta da donna.
Finalmente ero donna.
Non compagna di scuola, non amica, non compagna di partito.
Solo donna.

Andaste via, tu e Mara. Ci salutammo, come tutte le altre volte.
Io mi trattenni ancora un po’.
Quando me ne andai, Aldo mi disse che avevi dimenticato il tuo album della Premiata Forneria Marconi, “L’isola di niente”.
Mi chiese se te lo riportavo, visto che ci vedevamo spesso.
C’è l’ho ancora qua.
E ogni tanto lo ascolto, quel tuo vecchio disco in vinile.
E quando parte l’assolo di piano in “Dolcissima Maria”, ancora oggi non trattengo le lacrime.
E so che tu mi credi.
Spero ora che, con il pretesto di restituirti il disco, riusciamo a rivederci.
Sì, tu sei a Torino e io a Bologna, ma sono sicura che tu rivoglia indietro il tuo album. Vero?
Buona notte.
Ti bacio.
Angela.

Da: Angela
A: Andrea D
Venerdì, 4 ottobre 19.08
Oggetto: ti parlo un po’ di me.

La notte scorsa ho dormito poco, l’averti ritrovato mi ha turbata. Ma le sensazioni che provavo nel dormiveglia non erano sgradevoli, anzi, tutt’altro, erano molto belle.
Volevi sapere di me.
Bene, sai che insegno Storia Moderna all’Università di Bologna e, da giornalista e uomo informato, sai anche che ho una certa fama internazionale.
Ma sono sempre Angela.
Ho sposato Saverio.
Alla mensa universitaria un giorno incontrai un buffo e simpatico studente di chimica, che, urtandomi, mi rovesciò addosso il caffè. C’innamorammo subito.
Due cape di ‘mmerda così, non potevano che mettersi insieme.
L’ho sposato e ci ho fatto tre figli, e siamo quello che si dice una famiglia felice.
Anche se qualche volta, ascoltando la “Canzone dell’estate” di De André, sento un impercettibile nodo alla gola.
Ma forse è solo la tiroide, sai, alla nostra età.
E non ci penso.
Viviamo bene qui a Bologna sulle colline che si stagliano verso l’Appennino.
Lui è direttore di uno stabilimento chimico. Spero di presentartelo.
E’ un amore di uomo. Per me farebbe qualunque cosa. I figli li ha praticamente tirati su lui, per permettere a me di seguire la mia carriera accademica. E non l’ho mai sentito fare il minimo lamento, su niente.
Siamo un po’ fuori mano, ma qui d’estate qui si sopporta il caldo torrido di Bologna.
Di te so che sei ormai un notista politico molto conosciuto e anche un po’ temuto. Di Mara so che è un bravo avvocato.
Come sta?
E’ sempre bionda? Conserva la sua solita autorevolezza?
Non smetterei più di scrivere. Mi sembra così di averti vicino in questo spazio virtuale.
Ora vado a cena, mi aspettano di là.
Ti bacio.
La tua Angela.