mercoledì 15 febbraio 2012

Una voce che ride nella neve

Montpellier.

Due.

Rivedeva i suoi occhi finalmente.

“Quanto tempo, Silvana.”

Lei non parlò. Cercò di sorridergli, di imporsi di essere presente a sé stessa, ma sentiva salire dall’intimo la voglia di baciarlo.
E di piangere.
O di ridere.
Rise.
Non si smentì.
Silvana non piangeva mai.
Comunque mai davanti a un uomo.
Lo abbracciò e rise.
Le braccia di Giorgio la strinsero con forza.
Lo baciò.
Lo baciò a lungo.

“Ci vedono.”
“Chi se ne importa. Sei venuto da me finalmente. Non me ne frega più niente di niente. Sarei disposta pure a morire oggi.
Ora voglio solo stare con te. Mi hai fatto un regalo bellissimo. Abbiamo poche ore, voglio non dimenticarle mai.”
Gli rispose con la voce concitata e alterata dall’affanno.

Lo baciò ancora, disperatamente, come se fosse l’ultimo bacio concesso loro dagli dei.
Un bacio profondo, pieno di passione, fino a togliergli il fiato.
Giorgio fu preso da un senso di eccitata vertigine, la baciava e sentiva di volare. Il profumo della sua pelle lo inebriava. Gli girava la testa. Era felice.
Lui sì. Aveva la presunzione di sapere cos’è la felicità. Di riconoscerla.
Le carezzò il viso.

Entrarono in macchina.
Era una bella giornata di febbraio.
Faceva freddo. Il vento di terra rendeva il cielo terso color lavanda e il sole luminosissimo.
Una luce, forte e delicata nello stesso tempo, accendeva i colori e rendeva sensuale l’atmosfera.

 “Ora chiamo la mia collega Roberta, in ufficio. Le dico che ho avuto un contrattempo improvviso, che mi ha cercata un vecchio collega italiano che aveva bisogno di ricostruire con me una pratica.
Però abbiamo tempo solo fino alle quattro e mezza. Poi devo rientrare. Lo sai che passo a prendere Edoardo in ufficio. Torno a casa insieme a lui.”
“Allontaniamoci da Montpellier, il diavolo ha le corna, tuo marito o qualcuno che ti conosce potrebbe vederci.
Andiamo a Port Camargue.
Ho preso alloggio al Thalassa.
C’è una terrazza sul mare e un tavolo che ci aspettano.”