giovedì 22 dicembre 2011

La signora di Borgomanero

Era bruna, occhi neri, capelli lunghi raccolti a coda. Vestiva un jeans, un maglioncino e, sopra, un giubbotto jeans.
La prima cosa che ho notato è che aveva un piercing all’orecchio destro, un anellino con una pallina metallica.
Nonostante l’aspetto e l’abbigliamento giovanile era una signora di più di 35 anni.
Non emanava fascino, non nel senso più comune del termine almeno, ma m’incuriosiva molto e non era per niente brutta, anzi, tuttaltro, era a suo modo attraente, ma solo per chi poteva davvero percepirlo.
L’imbarco sul volo da New York per Milano era stato puntualissimo. Un po’ di ressa per overbooking, ma niente di grave, alla fine tutti avevano trovato posto.
Lei mi era seduta a fianco.
Al principio non mi ero reso conto che fosse italiana.
Non aveva detto una parola e io per discrezione le avevo rivolto solo uno sguardo di saluto a cui aveva risposto con i suoi grandi occhi neri.
Durante il decollo era raccolta, con la testa bassa e lo sguardo fisso sulle sue mani poggiate sulle ginocchia.
Ho avuto l’impressione che avesse paura di volare, ma non percepivo in lei tensione, piuttosto concentrazione pensierosa, volere stare sola con se stessa.
Per due ore ogni tanto la guardavo. Lei, ferma con le mani raccolte e lo sguardo fisso su di esse.
Poi le sono caduti gli occhiali da sole che teneva poggiati sul sedile.
Li ho raccolti.
Glieli ho porti.
E allora il suo “grazie” mi ha rivelato che era italiana.
Aveva  una voce dolce un po’ acuta, che trasmetteva un immediato senso di tenerezza.
Una voce e un tono, però, che non davano spazio ad approcci di conversazione.
Intendiamoci, non era freddezza, anzi, tutt’altro, non era scostante, non so, ma ho sentito subito un senso di rispetto.
E io che sono sì freddo e scostante, ho colto subito la confidenza di quel segnale.
Dopo un’altra ora, mentre guardavo il film, ho sentito di nuovo la sua voce:
“ Mi scusi, può aiutarmi? Non mi funziona la cuffia”.
Le ho sorriso, ho guardato le sue cuffiette. Avevano entrambi gli auricolari rotti.
“Uff, ora devo aspettare che passi la hostess o chiamarla…”
Ne avevo un paio in più, non so perché.
Le ho offerto le mie.
Mi ha sorriso a sua volta, soprattutto con gli occhi.
Sono passate altre ore.
Ogni tanto mi giravo dalla sua parte, la vedevo dormire, sempre col suo giubbotto jeans addosso.
L’ho vista alzarsi per sgranchire le gambe, e tornare a sedersi.
Poi finalmente il linguaggio degli sguardi ha fatto trasparire un minimo spiraglio a comunicare, a parlare.
Mi ha guardato un impercettibile attimo in più di prima, era l’invito.
“ Tutto bene?” le ho chiesto.
“Sì, tutto bene, e lei?”
Adesso aveva bisogno e voglia di parlare, e allora mi ha raccontato del suo viaggio negli USA, del suo compagno, che ci andava spesso per lavoro, ma che per questo non era potuto rientrare con lei, dei posti dove aveva soggiornato.
Ascoltavo. Finalmente rilassata, sorrideva.
Avevamo taciuto rubando solo sguardi per sette ore.
Poi mi ha rivelato di essere un chimico industriale, di lavorare in Brianza.
Le ho detto che sono ingegnere e che anch’io ho lavorato nell’industria chimica per anni.
Si è sciolta completamente. Abbiamo continuato a chiacchierare di tutto, delle nostre vite e delle esperienze di lavoro, per molti versi comuni.
“Lavoro in Brianza, ma sono di Borgomanero”.
Borgomanero, un paese cui sono molto affezionato, che mi ricorda i primi tempi al nord, meno che trentenne, quando ci passavo nei fine settimana andando al Lago d’Orta.
“Io ho un ufficio a Novara”.
Ha subito sorriso, aveva trovato un altro elemento che ci accomunava in qualche modo.
Mentre parlavamo di futuro e di lavoro, l’aereo è atterrato senza  che quasi ce ne rendessimo conto.
Abbiamo raccolto le borse.
Io ho aiutato lei e poi mia moglie a tirare giù i bagagli.
“In bocca al lupo” le ho detto, “forse allora le nostre strade s’incroceranno…”
“ Lo spero veramente”…”buona fortuna”.

La coda per il controllo passaporti era particolarmente lunga e lenta.
Ho sentito alle mie spalle una voce:
“Buona fortuna ancora e…a presto…”
Mi sono voltato, ho visto i suoi occhi fissarmi e un ultimo sorriso.
Poi la coda ha cominciato a muoversi sempre più veloce.

(Milano, ottobre 2010)