venerdì 30 marzo 2012

Ma il Mediterraneo è un’altra cosa.

Questa è una favola.
Una favola accaduta veramente.
In un mio cantiere.
Un giorno di molti anni fa, quando la parola “immigrazione” non era così diffusa in Italia, e l’immigrazione era ancora un fenomeno trascurabile, in un cantiere, a Milano, c’erano da abbattere dei vecchi muri in mattoni.
Era luglio. Il sole picchiava come sa picchiare a Milano, non a picco, ma con un calore fortissimo, diffuso nell’aria umida, che ti avvolge, e ti succhia le forze.
Il geometra, un giovane pugliese, stronzo ma bravo, che sapeva il fatto suo, divise il lavoro in due lotti: una parte di muro la affidò a un muratore bergamasco, un’altra di dimensioni equivalenti, la affidò a un operaio marocchino, che lavorava con lui da anni.
Prima di sera i due muri dovevano essere abbattuti completamente.
Il bergamasco si rimboccò le maniche e, armato di piccone, cominciò a sferrare colpi violentissimi, diretti, contro i mattoni, che all’inizio sembravano appena scalfirsi.
Sudava il muratore. Sudava e lavorava sodo con il piccone. Grondava di sudore. Ma non si fermava.
Ogni colpo era più forte del precedente.
Ma a stento veniva giù qualche mattone.

Il marocchino era seduto all’ombra del muro e fumava. Aveva una camicia bianca di cotone, le maniche appena rivoltate, giusto al gomito.
E fumava.
Il compagno di lavoro lo guardava brutto.
Dopo un’ora cominciò a insultarlo. Prima in bergamasco, poi in Italiano, perché capisse, quello sfaticato, venuto fin qui dal suo paese di beduini a rubare il mestiere a noi muratori italiani e a rubare lo stipendio.

Si fece l’ora della pausa per la colazione.
Il bergamasco venne a mangiare in mensa, incontrò il geometra e gli raccontò in maniera molto colorita di come procedeva il lavoro e di quello scansafatiche di uno zulù.
Il marocchino non poteva permettersi il costo della mensa. Sempre seduto all’ombra del muro, apri una vaschetta di plastica, rimediata, che era stata, in un’altra vita, un contenitore di gelato e cominciò a mangiare lentamente del taboulè alla menta (lo so, perché passando, lo vidi e, incuriosito, gli chiesi cosa stesse mangiando).
Il geometra, alle accuse, meglio dire alla delazione, del bergamasco, non batté ciglio. Fece un sorriso maligno e gli offrì un caffè, dopo mangiato.

Ripresero il lavoro. Mancavano ormai tre ore e il muratore con il piccone, facendo una fatica disumana, era riuscito ad abbattere solo un terzo del suo muro.

Il muratore marocchino si alzò, finalmente, muto, la faccia scura, rugosa, intagliata nel legno, illuminata dal sole.
Poco distante c’era una lunga trave di acciaio, snella ma resistente.
E dei massi.
Lentamente sollevò la trave. Ne infilò un estremo in una fenditura alla base del muro. Ne pose un masso sotto, a circa un terzo della lunghezza e, portatosi all’altra estremità, con un solo colpo, forte, poderoso, facendo leva, lo abbatté. Poi, sempre lentamente, si portò dalla parte del bergamasco e ripeté l’operazione, abbattendo anche il suo muro con un solo colpo.

Alle 17 finì la giornata di lavoro.

Le uniche parole che disse il marocchino furono:

“Buonasera geometra, a domani”.
“Buonasera “ rispose il geometra conservando il suo sorriso maligno.

Se queste parole possono aver offeso gli amici bergamaschi che mi leggono, parafrasando Shakespeare dico loro: pensate che sia tutta una favola.




martedì 27 marzo 2012

Il ciclismo, i passisti e la vita


Amo il ciclismo, da quando ero bambino. Mi piacciono le corse lunghe, difficili, faticose e complicate, come la Milano - Sanremo, la Parigi - Roubaix, certe tappe pirenaiche massacranti del Tour de France, l’”americana” su pista.
I ciclisti che mi piacciono di più sono i passisti: Anquetil, Gimondi, Indurain, Cancellara, e in pista Teruzzi, quando ero bambino e Silvio Martinello, campione del mondo di “americana” negli anni ’90.
Il passista sa dosare nel tempo la sua energia economizzandola al massimo e ottimizzando i risultati.
Vince con la testa, prima che con le gambe.
Il passista, se un avversario scatta in un punto critico del percorso, non reagisce, non lo insegue d’istinto, prosegue impassibile la sua corsa con il ritmo che ritiene ottimale, e il più delle volte il malcapitato che era scattato di strappo scoppia prima della fine della corsa e viene raggiunto e superato dal passista.
All’ultima Milano - Sanremo, un gruppetto è scattato nei primi chilometri, i passisti sono rimasti impassibili (scusate il gioco di parole), il gruppetto ha staccato tutti e ha guadagnato un vantaggio di 17 minuti.
Dopo 260 chilometri i fuggitivi sono stati tutti raggiunti e superati. Alcuni, stremati, scoppiati, si sono ritirati. All’arrivo, dopo 298 chilometri, Cancellara, il più grande passista attuale al mondo, tenendo il suo ritmo è arrivato secondo.
Ecco, nella mia vita per indole e per educazione sono sempre stato un passista. Ho sempre seguito la mia strada, con il mio ritmo, dosando le energie. Non mi sono mai scoraggiato per le avversità, non mi faccio mai prendere dal panico o dallo sconforto. Guardo avanti, non inseguo d’istinto chi scatta e cerca di staccarmi, proseguo imperterrito e determinato con il mio passo.
E fino ad oggi alla distanza ho sempre vinto.

martedì 20 marzo 2012

Grenoble. Ore 21,25.


Il cielo aveva toni che dal blu scuro allo zenit degradavano al viola all’orizzonte. E dietro la linea s’intuiva un pallido bagliore tra l’arancione e il rosso, rimembranza residua del tramonto ormai finito. 
Così Lampugnano mi accoglieva all’uscita dalla metropolitana.
In lontananza la prima stella attirò il mio sguardo.
Nel blu.
Nel viola.
Ai confini del pallido rosso-arancione.
Uscii dal lato della stazione dei pullman. Erano le sette di un pomeriggio di settembre.

Mi è sempre piaciuto fermarmi nei posti da cui si può partire e andare lontano.
Da ragazzo, a Napoli, passavo interi pomeriggi d’estate al molo beverello a guardare i traghetti e le navi partire. Ischia. Capri. La Sicilia. Tunisi.
Da giovane spesso partivo per Roma, per lavoro, e alla stazione mi fermavo vedevo estasiato i treni per Torino, per Milano, il Napoli Express per Parigi. Osservavo la gente dietro i finestrini, immaginavo il loro arrivo, in città lontane e con la mente mi vedevo là, come se quei treni rappresentassero un legame istantaneo tra me e quei luoghi.
Da adulto, nei tanti aeroporti sparsi per il mondo, passavo tutto il tempo di attesa guardando il tabellone delle partenze e cercando le destinazioni più strane: Doha, Shangai. Vilnius.

Così nell’aria fresca di uno strano settembre attraversai lo stazionamento dei pullman per raggiungere l’area della Festa Democratica, dove avrei assistito a un dibattito e poi cenato salamelle e birra.

Il tabellone luminoso di uno dei marciapiedi attrasse la mia attenzione.
“Grenoble.
  Ore 21,25.”
Rimasi come turbato. Conoscevo Grenoble, c’ero stato più volte.
Immaginai il viaggio in pullman. L’autostrada. Torino. Chambery, quanto amavo Chambery.  E poi le soste agli autogrill nel cuore della notte.
Un caffè.
Le Alpi dal finestrino.
“A che ora arriverà? “ Mi chiedevo. “Verso le 5 del mattino”, pensai.
Restai ancora qualche minuto.  Poi andai alla Festa.

Al dibattito ero distratto. Ricordavo al mio primo viaggio. In treno, verso Parigi, da ragazzo, in inverno.
Le Alpi.
La notte.
La neve. 
Mi svegliai alla stazione di Chambery, completamente bianca nel cuore della notte.
Ogni tanto coglievo qualche frase del dibattito, come in un dormiveglia. Ma la mente era sempre fissa a quel tabellone luminoso e la fantasia a Chambery e al 1980.

Finito il dibattito, andai allo stand griglieria. Mangiai la salamella. Bevvi la pinta di birra fresca. Chiacchierai un po’ di politica. Salutai qualche amico.
Lasciai la festa.
Erano le nove e un quarto. Le 21,15.
Il pullman era lì.
All’interno lo illuminavano luci blu soffuse.
Il cartello continuava a segnare
“Grenoble.
  Ore 21,25.”
Mi avvicinai.
L’autista aveva già messo in moto.
 Gli chiesi: “C’è ancora posto?”
“Sì” mi rispose guardando i comandi del cruscotto.
“Si può fare il biglietto a bordo?”
“Certo, signore”, con uno sguardo sereno.
Salii.
Pagai il biglietto.
Mi accomodai tra i pochi viaggiatori in un posto vicino al finestrino.







sabato 17 marzo 2012

Dolcissima Maria – Appunti dedicati ad un’amica che non ho mai più rivisto.

Epilogo

Giovedì 18 Ottobre 23.47
Oggetto: Andrea

Cara Mara, sto male. Sono choccata dalle notizie che mi hai dato.
Ma sei riuscita a sapere Andrea come sta?
E Bianca come l’ha presa?
Certo Emma ci ha sempre e solo procurato guai, fin da quando eravamo ragazzi.

Sono dispiaciuta e preoccupata per Andrea. Ma sono anche fermamente convinta che con la sua capacità e abilità dialettica e con i buoni avvocati che ha, presto uscirà, uscirete da questa brutta storia.
Salutami Costa. E’ sempre una forza della natura. Lavorando dietro le quinte, come è solita fare lei, terrà benissimo la regia della vostra difesa.
Ti ringrazio della tua disponibilità a tenermi costantemente informata. Ci tengo.
Come sai, sono ancora a Bruxelles. Domani dovrò dare la mia risposta sull’incarico in Commissione Europea.
Vista questa terribile situazione e quello che può accadere oggi in Italia a chiunque di noi, ho cambiato idea.
Ho deciso di accettare l’incarico.
Saverio e i ragazzi mi raggiungeranno presto a Bruxelles.
Non rientro più neanche io.
Mi raccomando, state molto attenti.
So che ne verremo fuori.
Appena riuscirai a vedere Andrea, abbraccialo forte e bacialo anche per me.
Ah, digli che è il solito rimbambito. Quando ci siamo visti a Roma davanti alle granite di Giolitti, ha dimenticato di riprendersi l’album della PFM.
Quello con “Dolcissima Maria”
Conta su di me.
Vi stringo forte.
Angela.

FINE.


Alcune note a margine.

E’ una piccola storia epistolare che ho scritto circa due anni fa.
L’idea mi venne proprio dalla mail inviatami da una mia vecchissima amica dell’Umberto, con la quale avevo perso i contatti da trent’anni.
Eravamo appena reduci dalla sconfitta alle elezioni e anche nel privato vivevo un periodo in cui stavo male con me stesso.
In questi casi scrivere, per me, è un ottimo antidoto.

Qualche parola sui personaggi:

Andrea è immaginario. Il suo personaggio rappresenta l’idea del carattere del giornalista medio, che mi sono fatto lavorando vent’anni da dirigente della più grande casa editrice italiana.
E non me ne voglia qualche amico giornalista che mi legge.

Emma e Angela sono realmente esistite e i loro nomi sono veri.
Le storie sono ovviamente molto rielaborate con la fantasia, ma su una base di sfumata verità.

Mara semplicemente è inventata. Così come Saverio.

Maria Costantini, “Costa”, è presa in prestito da una serie racconti che forse un giorno leggerete. Molto alla lontana si riferisce a mie vecchie amiche e compagne d’avventura politiche del liceo Umberto.
Ovviamente anche Xavier è preso in prestito.

Tutto qui.
Grazie per l’attenzione immeritata

giovedì 15 marzo 2012

Dolcissima Maria - Appunti dedicati ad un’amica che non ho mai più rivisto.


Otto.

Da: Andrea D
A: Angela
Oggetto: Andrea
Giovedì 18 Ottobre 18.56

Ciao, Angela, sono Mara.
Ho visto le tue mail aprendo la posta di Andrea e ho pensato di risponderti io.

Andrea è stato arrestato lunedì sera.

Ricordi la Croma sotto casa, di cui ti ha parlato?
Era dei carabinieri.
Quando lunedì sera si è ritirato, c’erano anche due gazzelle.
Due ufficiali in borghese si sono avvicinati a lui e alla guardia giurata, si sono qualificati e gli hanno chiesto di seguirli.

Io sono a Marsiglia, sono ospite di Maria Costantini. “Costa”, te la ricordi?
Quando eravamo ragazzi, a Napoli, era al liceo “Umberto”, militava nel collettivo e nella commissione femminile.
E’ avvocato, è stata anche mia compagna di studi all’Università.
Aveva uno studio molto quotato a Milano.
Poi, come credo sai, ha piantato dalla sera alla mattina marito e studio ed è venuta a vivere a Marsiglia con il suo nuovo compagno, Xavier, che fa lo psichiatra.
Mi sta aiutando moltissimo per questa brutta storia di Andrea.
Lei ha aderenze ad alto livello alla Procura di Napoli.
Lunedì, quando è successo il fatto, io ero qui da lei con Bianca, che è loro ospite per i sei mesi di uno stage che deve seguire ad Aix en Provence.
Costa ha subito telefonato ai suoi contatti in Procura.
Mi ha detto che per me era meglio rimanere a Marsiglia.
Si è precipitata subito a Napoli. Lunedì notte stesso.
Martedì, grazie ai suoi appoggi è riuscita a sapere qualcosa di più delle carte ufficiali che erano state consegnate a Rocco, il nostro amico avvocato penalista che assiste Andrea.

Ufficialmente Andrea è stato arrestato, in base al nuovo decreto sull’editoria che prevede la custodia cautelare obbligatoria per il nuovo reato di diffamazione di esponenti e istituzioni, della Presidenza della Repubblica, del Governo e del Parlamento, per le sue recenti inchieste sulle connessioni tra camorra e politica.

Ma c’è di più e di peggio.

Gli è stato notificato in carcere un avviso di garanzia per partecipazione esterna a banda armata.
Sono vecchie storie, che credo conosci, che risalgono agli anni dal ’77 in poi.
E per le quali era già stato ascoltato a lungo nell’81 e la sua posizione era stata archiviata.
Le informazioni sono riservate ma Costa è riuscita a leggere tutto il fascicolo.

Gli addebiti si basano su due elementi:

Il primo è un’intercettazione ambientale, risalente al 1981, in uno scompartimento ferroviario del rapido Napoli – Roma, in cui Andrea scambia per tutto il viaggio parole su come sta giocando il Napoli in campionato, nientemeno che con Ciccio Radici.
Sì, quello che ha ammazzato, in diverse occasioni, un politico e due carabinieri.
Arrestato e condannato nel 1986, è tuttora in galera.
Ricordo che Andrea mi raccontò dell’episodio quando tornò da Roma, ma allora non sapeva che Ciccio era in clandestinità e mi disse proprio queste parole:

“Strano, mi ha parlato per tutto il tempo solo del Napoli”.

Secondo l’accusa era un dialogo in linguaggio criptato.
Andrea avrebbe dato istruzioni a Ciccio.
In effetti, due giorni dopo Ciccio uccise un esponente politico napoletano a Roma.

Il secondo si basa su un notevole numero d’intercettazioni telefoniche e ambientali che si riferiscono a lunghi colloqui tra Andrea ed Emma.                                                                                                                                                    

Ora, è vero e dimostrato che tutti i colloqui tra Emma ed Andrea si riferiscono al periodo in cui Emma militava ancora nel partito, pur avendo già contatti con settori della clandestinità.
Il problema per la posizione di Andrea è che ci sono almeno cinque intercettazioni ambientali d’incontri avvenuti quando Emma era già in clandestinità e già ricercata.

Io sapevo di un incontro.

Andrea mi aveva raccontato che un giorno, mentre passeggiava in Floridiana, la vide seduta su una panchina a leggere.
Lei lo riconobbe, lo abbracciò e gli disse di entrare nella sua macchina per poter parlare tranquilli.
Andrea accettò subito, emozionato.
Ma evidentemente nell’auto di Emma c’erano delle cimici.

Degli altri quattro incontri io non ho mai saputo niente.

Costa non è riuscita ad avere nessuna informazione sul contenuto delle intercettazioni, ma pare che siano proprio queste a rendere delicata la posizione di Andrea.

Ma c’è ancora dell’altro.

Costa ha saputo per vie riservatissime che sarebbe prossimo un avviso di garanzia per favoreggiamento e concorso esterno in banda armata anche contro di me.
Perché, in quanto da sempre compagna di Andrea, non posso non essere sospetta a mia volta.
Questa mattina, quando mi ha telefonato, mi ha sconsigliato assolutamente di tornare in Italia, almeno finché le posizioni di Andrea e mia non saranno chiarite.
Così resto ospite di Maria Costantini e di Xavier qui a Marsiglia, per il momento.
Ci pensi, Angela?
Una lotta tutta la vita per i valori della libertà, dell’uguaglianza, della solidarietà. Si espone senza risparmiarsi per difendere la Democrazia, e dopo trent’anni si ritrova sospettata e accusata di banda armata.
Sento puzza d’intimidazione trasversale contro Andrea da mille chilometri.
Ma che Paese è diventato il nostro, Angela!

Come sai, Emma negli anni ’80 si è pentita.
E’ uscita dal carcere e vive con una nuova identità da qualche parte nel mondo.
Ebbene, Costa mi ha confidato di avere sempre saputo dov’è Emma, di averla incontrata spesso in questi anni e di vederla tuttora frequentemente.
E’  molto intima con l’avvocato che ha assistito Emma durante il periodo della collaborazione con la Giustizia e ne ha negoziato il programma di protezione e reinserimento.
Sono rimaste sempre amiche, insomma.
Pare che Emma oggi si chiami Hélène Ludovici, viva a Bayonne e lavori in un bar a vin di cui avrebbe sposato il proprietario.
Costa e l’avvocato di Andrea, e ormai, ahimè, anche mio, stanno cercando di raccogliere e far accettare al Procuratore una deposizione di Emma che chiarirebbe il contenuto dei colloqui tra i due, sollevando di fatto Andrea da ogni sospetto.

Non so cosa sia avvenuto in quei quattro incontri, ma, conoscendo Andrea, sicuramente la vide per l’affetto che lo legava a lei e per convincerla ad uscire dalla clandestinità.

E’ un momento difficile Angela. Stammi vicina, ti prego, almeno tu.

Ho deciso che quando le cose saranno chiarite e Andrea sarà libero, mi raggiungerà qui.
E non torneremo più.
Lasciamo per sempre l’Italia.
Non vale più la pena di restare.
Ci hanno tolto l’anima.
Ci hanno tolto il futuro.

Come Costa, mi stabilirò qui in Francia. A Marsiglia o a Montpellier, o a Parigi, non lo so ancora.
Andrea aveva già dei contatti con editori francesi che avrebbero fatto carte false per assumerlo.
Per lui non sarà un problema.
Qui in Francia mi sento sicura.
Ti terrò informata giorno per giorno su questa brutta vicenda.
Ti abbraccio forte.
Abbracciami forte anche tu, ti prego.
Mara.

martedì 13 marzo 2012

Dolcissima Maria - Appunti dedicati ad un'amica che non ho mai più rivisto.


Sette.

A: Andrea D.
Lunedì 15 Ottobre 22.49
Oggetto: Bruxelles.

Ciao, Andrea. Vedo che non hai avuto il tempo di rispondere a questa rompipalle della tua Angela.
Sicuramente sarai incasinato, ma non è proprio da te, così preciso e corretto, non rispondere alle amiche. Sai, a Parigi siamo stati proprio bene, Saverio ed io.
Il tempo era bello. L’aria limpida. L’atmosfera. L’atmosfera…frizzante!
A te posso confidarlo. E’ stato un fine settimana di grande passione erotica.
Non per vantarmi, ma quando io e Saverio ci mettiamo… ci sappiamo proprio fare.
Ma che faccio?
Scrivo e sto arrossendo.
Ora che ci penso. Non ti avevo mai fatto confidenze così intime.
Ma non so. Mi sento eccitata.
Sarà stata Parigi.
Sarà che abbiamo chiarito le cose tra noi.
Seppur per me dolorosamente.
Fatto sta che mi sento proprio bene.
E affronto con più serenità questa settimana di fatica alla Commissione Europea.
Questa mattina sono cominciati gli incontri per discutere la proposta d’incarico che mi prospettano.
Conosci già le mie intenzioni. Ciò non toglie che mi sento lusingata e tentata.
E’ una grande soddisfazione essere chiamati a un incarico così prestigioso.
Ma ho fatto la mia scelta.
Partecipo alle riunioni per il rispetto che porto all’istituzione e per serietà professionale.
Domenica torno a Bologna.
Caro amico cinico ed egoista, rispondimi stavolta.
So che se vuoi il tempo lo trovi.
Ti bacio (purtroppo solo sulla guancia),
la tua Angela.

Da: Angela
A: Andrea D.
Martedì 16 Ottobre.
Oggetto: Bruxelles.

Devo proprio averti fatto o detto qualcosa che non dovevo.
Scherzo.
Sicuramente stai passando un momento non facile e comprendo che magari non riesci a trovare non tanto il tempo, quanto lo spirito giusto per scambiare un po’ di parole con me.
Però rispondimi appena puoi, ti prego. Altrimenti comincio a preoccuparmi e telefono a Mara per avere notizie di te.
No.
Non è una minaccia.
Ti conosco troppo bene.
Avresti obiettato proprio questo.
Lasciami scherzare un po’.
Mi sento eccitata e felice. Persino Bruxelles mi sembra un bel posto. Pensa ho rischiato di venirci a vivere.
Anche se non ho ancora dato la mia risposta definitiva.
Ora ti lascio, questa sera sono invitata a bere qualcosa al bar dai colleghi belgi e italiani.
Vado a divertirmi un po’.
E chissà che non mi faccia rimorchiare da qualcuno.
Ma con te è tempo sprecato.
Tu non sai neanche cos’è la categoria della gelosia.
E meno che mai con me.
Figurati.
Ciao mio cinico e indifferente amico.
Questa volta non ti bacio.
Angela.

domenica 11 marzo 2012

Dolcissima Maria


Sei.

Da: Andrea D.
A: Angela
Martedì 15 Ottobre 23,02
Oggetto: Come stai?

Ciao Angela, come va? Allora quando parti per Bruxelles?
Stamattina ho visto un articolo sul Corriere che parlava delle tue ricerche storiche, molto lusinghiero.
Riguardo a venerdì scorso hai avuto la reazione che mi aspettavo, conoscendo la tua dignità e il tuo carattere intransigente.
Però proprio per questo ti avrei mancato di rispetto e ti avrei sì, veramente offesa, se non ti avessi parlato chiaramente e sinceramente, al limite della spietatezza.
Ci conosciamo profondamente io e te e sono sicuro che al di là della speranza generata da un sentimento accecato dall’infatuazione, ti aspettavi esattamente le parole che ti ho detto.
Dopo trentacinque anni era giusto che chiarissimo quello che sentiamo l’una per l’altro.
Siamo forti entrambi. Molto. E abbiamo costruito con questa forza le nostre vite.
E’ giusto così.

Stamattina sono venuti i carabinieri nel mio ufficio.
Capita, sono abituato.
Ogni tanto vengono ad acquisire materiale dai nostri articoli per indagini giudiziarie.
Solo che stavolta hanno sequestrato, oltre agli ultimi miei interventi sulla situazione politica attuale, alcuni vecchissimi articoli che riguardavano mie inchieste dell’epoca degli anni di piombo. In particolare interviste a compagni che si erano dati alla clandestinità, ma che ormai, dopo anni di carcere, hanno scontato le loro condanne e o sono tornati alla società, o sono spariti perché inseriti in un programma di protezione.
Tra l’altro mi è saltato agli occhi, un articolo su Emma.
Pensa, ne abbiamo parlato proprio qualche giorno fa.
La Croma è sempre sotto casa mia, giorno e notte. Ho richiamato il commissariato, ma mi hanno detto che il commissario ha chiesto un periodo di aspettativa.
Ho provato a parlare con un capitano dei carabinieri, che conosco bene perché avevo seguito alcune sue indagini sulle infiltrazioni mafiose al nord, ma neanche lui è a Torino.
E’ stato da poco trasferito in Calabria presso la DIA.
Intanto la sera mi accompagna per precauzione una guardia giurata del giornale.
Mi rendo conto che forse ti sto tediando.
Valuta bene e serenamente l’opportunità che viene da Bruxelles.
Fammi sapere.
Ti bacio.
Buonanotte.
Andrea.

12a Parte
Da: Angela
A: Andrea D
Giovedì 17 ottobre 23.02
Oggetto: Bruxelles

Ciao, Andrea, come va? Con questa storia della Croma sotto casa mi stai facendo preoccupare.
Fatti sempre accompagnare dalla guardia giurata, soprattutto la sera, mi raccomando.
Spero tu sia in forma come ti ho visto a Roma.
Mara e Bianca stanno bene?
Io domani parto.
Lunedì devo essere a Bruxelles e ho deciso di trascorrere il fine settimana a Parigi.
Saverio viene con me, ma domenica sera rientra a Bologna.
Abbiamo prenotato quell’alberghetto di fronte alla Sorbona che tu mi hai più volte consigliato e dove siamo già stati una volta.
Molto vecchia Parigi. Molto da amanti.
Con Saverio.
Sarò a Bruxelles tutta la settimana.
Cercheranno di convincermi ad accettare il nuovo incarico alla Commissione Europea.
Io però ho deciso di no.
Non posso costringere Saverio e i ragazzi a un nuovo trasloco. Non so quanti ne abbiamo fatti. Ho perso il conto.
Ricominciare ancora una volta. Trova l’appartamento, e la scuola dei ragazzi, che poi dovrebbero andare a quella italiana dell’ambasciata. Reimposta tutto il menage familiare.
E Saverio, sempre adorabile, che già si è messo in contatto con una multinazionale della chimica presso la quale è molto quotato, per trasferirsi presso la loro sede europea a Bruxelles, appunto!
Andea, questa volta no.
Non ce la faccio.
Vivo ormai così bene a Bologna.
Finalmente abbiamo trovato un equilibrio familiare quasi perfetto.
No. Sono decisa a non accettare.
E’ meglio per tutti.
Ti abbraccio.
Mio vecchio e cinico amico.
La tua Angela.

giovedì 8 marzo 2012

Dolcissima Maria


Cinque

Da: Andrea D.
A: Angela
Domenica 13 ottobre 18.32
Oggetto: Roma.

Cara Angela, tutto bene il ritorno a Bologna?
Ieri spero tu sia riuscita a fare le ultime compere che avevi in programma a Roma.
Sai, non riesco a togliermi dalla mente il momento in cui mi sei apparsa nel sole del tramonto.
Venivi verso di me da Via del Plebiscito.
Ti ho riconosciuta subito.
E’ vero che mi avevi inviato foto tue recenti, ma è stato molto emozionante vedere avvicinarsi il tuo volto un po’ spigoloso di sempre, solo impercettibilmente invecchiato, e i tuoi capelli lunghi, mossi dal vento, castano chiari, come i tuoi occhi.
Stavi bene con la gonna nera a fiori un po’ svasata, la camicetta, nera anch’essa, sbottonata sul tuo seno, non generoso, ma sempre grazioso, e la giacca tenuta sulla spalla con la mano.
Ti ho baciato le dita, come l’ultima volta che ci vedemmo, alla stazione di Napoli.
Come ci siamo stretti forte nell’abbracciarci, e per quanto tempo. Un tempo interminabile. Ci siamo commossi, come due ragazzini.
E che bello è stato passeggiare con te, mano nella mano, lungo Via del Corso, nel crepuscolo romano, nell’aria fresca e tersa di ottobre.
Passeggiando e parlando abbiamo recuperato a noi trent’anni delle nostre vite.
La maturità ti ha reso più bella.
Molto più interessante e affascinante che da giovane.
Senza che ne facessi cenno apertamente, ho sentito ancora chiaramente il tuo amore per me, muto, nascosto, troppo generoso, che rasentava la devozione.
Si vedeva nei tuoi occhi. Si sentiva in ogni tua parola. Si notava in ogni tuo gesto.
Ma sono passati più di trent’anni.
Il mio affetto per te è intatto. Forse più forte ancora.
Ma ora tu hai la tua vita, Saverio, i tuoi figli. Non puoi permetterti più cotte da adolescente.
Angela, abbiamo più di cinquant’anni.
Li abbiamo vissuti intensamente. Ed è bellissimo essersi trovati e rivisti.
Ma le nostre vite hanno seguito ciascuna il suo binario.
Frequentiamoci per quello che siamo, vecchissimi amici fraterni, con le nostre famiglie. Perché abbiamo i nostri compagni e i figli.
A Mara farebbe tanto piacere rivederti e conoscere Saverio e i tuoi ragazzi.

Siamo stati lì lì per baciarci, al tavolo di Giolitti, ma è stato meglio che ci siamo fermati.
Quel bacio non ci avrebbe portato da nessuna parte.

Sai, ieri mattina, ritornando a casa, ho rivisto la Croma parcheggiata sotto il portone.
E questa volta, ti confesso, ho cominciato ad avere paura.
Ho telefonato subito al commissariato, ma il commissario non c’era. Mi hanno detto di richiamare domani.
Intanto la macchina è ancora qui sotto.

Grazie per il meraviglioso venerdì pomeriggio che mi hai regalato.
Ti bacio.
A Presto.
Il tuo

Andrea.

Da: Angela
A: Andrea D
Domenica 13 Ottobre 23.49
Oggetto: R: Roma

Caro Andrea, non riesco a dormire. La giornata di venerdì, le emozioni fortissime, starti vicinissima, parlarci a quel tavolo quasi guancia a guancia.
E poi la tua mail di oggi.
Come si fa a dormire?
Quando ti ho visto lì all’angolo di Via Del Corso, ho sentito un violento colpo al petto, un tuffo al cuore, come si sarebbe detto una volta.
Eri identico a come ti ricordavo. Un po’ ingrassato, ma l’aspetto severo, quasi infastidito, con quella smorfia del viso che con le prime rughe si è accentuata, è sempre lo stesso. Inconfondibile.
Mi hai baciato le dita.
Con quel bacio hai bruciato in un solo colpo il tempo passato dalla sera alla stazione di Napoli. L’ultima volta che ci vedemmo.
Il tuo abbraccio così forte, così lungo, mi ha turbata. E forse anche per questo, ancora a due giorni di distanza non riesco a dormire.
Quante cose ci siamo detti. Quanti segreti ci siamo confessati durante la passeggiata mano nella mano, come due studenti.
Abbiamo rivelato l’un l’altra i nostri pensieri più intimi. Le cose più riservate delle nostre vite.
Vedi che la nostra confidenza è rimasta intatta?
E’ fortunata Mara ad avere un uomo come te.
E’ vero, da Giolitti stavamo per baciarci.
Ero molto turbata. Fisicamente.
Ero talmente fuori con la testa che ho sperato veramente di averti. Almeno una volta nella vita. Anche solo per un ora.
Averti.
Essere tua.
Ma devo darti ragione.
Non si va da nessuna parte.
Sarebbe rimasto solo imbarazzo, rimorso e dolore.
Un dolore insopportabile.
E allora è stato meglio così.
Ma non possiamo essere amici di famiglia.
Concedimelo.
Non potrò mai accettarlo.
Ne va della mia dignità di donna.
Non fraintendermi però, non mi sento offesa.
Non mi hai offesa.
E intendo rimanere tua amica e amica di Mara.
Trentacinque anni di amicizia non si cancellano.
Tra qualche giorno vado a Bruxelles, ma non ho intenzione di accettare l’incarico.
Tu stai attento, mi raccomando.
Tira una pessima aria per i giornalisti con i nuovi decreti.
A prestissimo.
Ti bacio (purtroppo solo virtualmente).
La tua Angela.


martedì 6 marzo 2012

Dolcissima Maria


Quattro.

Da: Andrea D
A: Angela
Lunedì 7 ottobre 8.17
Oggetto: Roma

Professoressa Bessoni, ma sei ancora gelosa di Emma dopo più di trent’anni? E proprio tu, una donna sempre composta nelle sue reazioni, in qualunque circostanza.
E poi, lo hai detto tu stessa, non c’è mai stato niente tra me ed Emma.
Te lo ripeto: sapevo che mi sbavava letteralmente dietro, e non faceva certo molto per nasconderlo, ma c’era in me una diffidenza istintiva, di pelle, verso di lei.
Sai, credo che certe reazioni apparentemente inspiegabili, nel sesso e nei rapporti tra un uomo e una donna, in realtà sono generate da puro istinto animale. Ed era proprio una reazione animale. La carica erotica di Emma non mi attirava neanche un po’.
Però devi essere corretta. Che Emma fosse la più brava di voi tutti è vero. Non barare adesso. Era la migliore, la più attiva, la più presente. Sempre al mio fianco. E ora non mi dire che lo era solo perché voleva farsi Andrea.
Non le ho mai perdonato che nell’ultimo periodo in cui lavoravamo insieme nel Partito, fosse già in clandestinità e cospirasse anche contro di noi.
E’ stata forse la più grande delusione della mia gioventù.
Hai ragione, ma non eravamo fessi.
L’unico fesso ero io, che avrei dovuto capire e vigilare e invece nella mia solita superbia e presunzione mi tenevo un’infiltrata al mio fianco.
Non sai quanto io abbia desiderato e desidero ancora oggi vedere Emma. Parlarle. Chiedere perché ha tradito anche la persona che lei amava alla follia.
Darei qualunque cosa per un’ora, solo un’ora con lei.
L’ascolterei, senza parlare. Tu sai quanto terribili possono essere i miei silenzi. Poi, sempre senza parlare, l’abbraccerei, la bacerei, le volterei le spalle e andrei via.
Senza voltarmi indietro.
Ma non accadrà.
Lo so.
Hai letto, hanno approvato il decreto. E’ già esecutivo. Nonostante la forte campagna di stampa e la mobilitazione anche internazionale, il decreto è passato. E il bello è che, a causa della sua retroattività, in teoria io già sarei passibile d’incriminazione, per i miei articoli sugli esponenti politici e governativi.
Forse sto diventando paranoico, ma mi sembra che da qualche giorno sia sempre parcheggiata sotto casa mia una vecchia Fiat Croma. La cosa ancora più strana è che c’è sempre un uomo dentro, al volante. Ma l’uomo non è sempre lo stesso. Come se facessero dei turni.
Io, nel dubbio, ho chiesto un appuntamento al commissario di polizia del quartiere.
E’ un bravo poliziotto e un amico. Quanto meno mi tranquillizzerà.

Ora il botto:
Venerdì vengo da te a Roma. Così mi restituirai l’LP.
Nei prossimi giorni ci scriviamo per i dettagli dell’appuntamento.
Che ne dici Giolitti a Montecitorio?
Granita di caffè doppia panna, come ai tempi in cui abitavo a Roma?
Ti bacio, anche se non lo merito.
Il tuo Andrea.

Da: Angela
A: Andrea D.
Mercoledì 9 ottobre 12.26
Oggetto: R: Roma

Allora, ti va bene dopodomani alle cinque e mezza all’angolo tra Piazza Venezia e Via del Corso?
Così facciamo due passi insieme per Roma.
Poi ci prendiamo la tua granita di Giolitti, vabbè?
Come va con i tuoi “spioni”?
Bacio, ma sì che te lo do lo stesso.
La tua Angela.

Da: Andrea D.
A: Angela
Mercoledì 9 ottobre 20,38
Oggetto: R: Roma

OK, alle cinque e mezza va benissimo.
Ho parlato con il commissario. Ha fatto qualche telefonata anche alla Digos, ma non risultano problemi. Mi ha promesso che avrebbe aumentato la frequenza del passaggio degli agenti la notte sotto casa mia.
Stranamente stamattina la Croma non c’era.
Forse è vero che sono paranoico.
A venerdì.
Ti bacio, e stavolta lo merito.
Andrea.


sabato 3 marzo 2012

Dolcissima Maria.


Tre.

Da: Andrea. D
A: Angela
Domenica, 6 ottobre 9.50
Oggetto: R: ti parlo un po’ di me.

Ciao, Angela, scusami se ti rispondo solo questa mattina, ma sono giornate pesanti.
Ieri sono stato al giornale tutto il giorno, fino a sera tardi. Ho dovuto preparare in fretta un articolo sul decreto legge che sta per varare il governo con le nuove regole “a sostegno” dell’editoria e della stampa. Abbiamo anche fatto una lunghissima riunione in redazione per decidere le azioni di risposta al decreto. Tu sei una donna molto informata a sai certamente che dentro questo provvedimento, apparentemente di sostegno al settore, ci sono seminascosti degli articoli che, allargando illimitatamente i concetti di diffamazione, calunnia e diffusione d’informazioni riservate, di fatto, rende impossibile d’ora in poi il giornalismo d’inchiesta e quello politico. In sostanza sei passibile perfino d’arresto immediato se nel tuo articolo non citi tutti i riscontri ai tuoi asserti in modo che la Digos, che è incaricata, possa verificarne la correttezza.
Tu capisci che così nessuno accetterà più di farsi intervistare, e tanti colleghi, con le spalle meno robuste delle mie, si rassegneranno a riportare solo notizie e commenti diffuse dagli uffici stampa di istituzioni, politici e imprese.
In sostanza l’informazione corre un pericolo mortale.
Abbiamo così deciso di partire con una violenta campagna contro il decreto e io, in qualità di vice direttore, ne coordinerò gli sviluppi e i collegamenti con altri giornali.
Ma basta tediarti con il mio lavoro.
Mi ha fatto piacere che mi hai raccontato di te. Conoscevo molto della tua vita pubblica. Ora so anche che hai avuto delle belle soddisfazioni dalla vita familiare e sentimentale.
Ricordo che tu ed Emma eravate a quei tempi le compagne che lavoravano sempre fianco a fianco con me, instancabilmente? Ho sempre preferito lavorare con compagne, amiche e colleghe donne. Hanno una forza diversa e superiore rispetto ai maschi.
Di Emma mi sono sempre accorto che aveva un debole per me, lo notavano tutti, da come mi guardava, da come mi stava vicino, da come parlava di me. Emma era molto bella, ma per me aveva qualcosa che istintivamente mi faceva diffidare del suo erotismo.
L’amore è fatto d’istinti e sensazioni fisiche prima di tutto.
Con te invece ho avuto sempre e solo sentimenti di profonda e devota amicizia e forte solidarietà. Qualcosa di più che un amore fraterno, ma mai un’attrazione erotica.
Oggi vedo sulle tue foto che sei una donna bellissima.
Le tue parole mi hanno turbato. Non posso nasconderlo. Ma non ho ancora realizzato se abbiamo perso qualcosa nella vita.
Mi fermo. Non vorrei che ci emozionassimo troppo. Abbiamo un’età.
Scherzo.
Continuiamo a scriverci. Scrivimi quando vuoi.

A…proposito. Rivoglio indietro il mio LP della PFM!
Quindi dobbiamo trovare il modo di incontrarci.
Ti bacio.
Andrea.

Da: Angela
A: Andrea D
Domenica 6 ottobre 23.58

Emma, eh?
Anche stamattina, anche nelle mail, ancora una volta davanti a me. Quella stronza che ti sbavava dietro e lo ostentava con tutte noi.
E tu, impassibile.
Ora finalmente ho capito il perché non è mai riuscita ad arravogliarti come avrebbe voluto.
Ma è stato quindi solo perché tu diffidavi di lei, che non avete mai fatto niente.
Sai che ti dico? Una stronza supponente, e anche un po’ zoccola come lei, ha perfettamente meritato la fine che ha fatto.
Vent’anni di galera possono solo averle fatto bene.
Tu eri già andato via da Napoli. Lei scomparve dalla sera alla mattina. Scoprimmo poi che si era data alla clandestinità solo anni dopo, quando leggemmo del suo arresto sui giornali.
Avevamo una traditrice potenziale tra noi, e noi, con te per primo, non ci accorgemmo di niente.
Forse eravamo proprio fessi. Altro che vigilanza democratica!
Scusami per lo sfogo. Ma io mi facevo un culo così ed Emma era la brava, quella promettente, quella che avrebbe fatto carriera, quella che cercava con ogni mezzo di mettersi con te.
Bella carriera ha fatto. Se l’è meritata!

Ho letto e sentito del decreto sull’editoria e sono molto preoccupata per la tenuta democratica del paese, come si diceva una volta. Ed ero sicurissima che tu saresti stato in prima linea nella difesa della libertà d’informazione.
Non sei mai cambiato.

Senti, io venerdì prossimo sarò a Roma.
Devo fare delle riunioni preparatorie alla Sapienza per una missione a Bruxelles. Pensa che oltretutto mi hanno offerto un incarico in seno alla direzione dei beni culturali della Commissione Europea.
Ma sono molto scettica. Sai che Saverio verrebbe in capo al mondo con me, e i figli sono ormai grandi.
Però, ricominciare ancora una volta! Rimetti su casa, organizza i figli, ricalibra la vita di tutti i giorni.
Non so.
Comunque, ti dicevo che sono a Roma…
…non è che per caso può essere l’occasione per vederci? Così ti restituisco il disco.
Lo so che sei normalmente a Torino, ma vedo che vai spesso a Roma.
Fammi sapere.
Ti bacio, anche se non lo meriti,
la tua Angela.

giovedì 1 marzo 2012

Dolcissima Maria

Due.

Da: Angela
A: Andrea D
Giovedì 3 ottobre 22.43
Oggetto: R: Andrea.

Come vedi ti rispondo subito.
E, ti ripeto, tocca a me colmare il vuoto tra noi, e tu sai il perché.
Appena dopo la tua maturità ci perdemmo di vista.
E fu per colpa mia.
Tu eri all’Università, io all’ultimo anno del liceo, in terza.
Ero innamorata di te. Lo ero da sempre e, forse, anzi, togli il forse, lo sono ancora.
Avevo sperato per due anni che il tuo interesse per me, dall’amicizia e dalla militanza politica, che ci aveva visti sempre insieme, stretti, si trasformasse in desiderio.
Fu una sera a casa di Aldo. Ricordi i sabati? Ci trovavamo tutti a casa sua.
Eri con Mara.
Fu un lampo.
Un attimo.
Capii.
Con Mara eri da sempre.
Con Mara saresti stato sempre.
Furono i vostri sguardi.
Prima, quando eri al liceo, non li avevo mai percepiti.
Era un’illusione, credere ad ogni costo, sperare.
Ma quella sera. Quella sera l’intuito femminile mi guidò, finalmente.
E spense le illusioni.
Quella sera di un sabato di ottobre decisi di non rivederti più.
Fu una scelta da donna.
Finalmente ero donna.
Non compagna di scuola, non amica, non compagna di partito.
Solo donna.

Andaste via, tu e Mara. Ci salutammo, come tutte le altre volte.
Io mi trattenni ancora un po’.
Quando me ne andai, Aldo mi disse che avevi dimenticato il tuo album della Premiata Forneria Marconi, “L’isola di niente”.
Mi chiese se te lo riportavo, visto che ci vedevamo spesso.
C’è l’ho ancora qua.
E ogni tanto lo ascolto, quel tuo vecchio disco in vinile.
E quando parte l’assolo di piano in “Dolcissima Maria”, ancora oggi non trattengo le lacrime.
E so che tu mi credi.
Spero ora che, con il pretesto di restituirti il disco, riusciamo a rivederci.
Sì, tu sei a Torino e io a Bologna, ma sono sicura che tu rivoglia indietro il tuo album. Vero?
Buona notte.
Ti bacio.
Angela.

Da: Angela
A: Andrea D
Venerdì, 4 ottobre 19.08
Oggetto: ti parlo un po’ di me.

La notte scorsa ho dormito poco, l’averti ritrovato mi ha turbata. Ma le sensazioni che provavo nel dormiveglia non erano sgradevoli, anzi, tutt’altro, erano molto belle.
Volevi sapere di me.
Bene, sai che insegno Storia Moderna all’Università di Bologna e, da giornalista e uomo informato, sai anche che ho una certa fama internazionale.
Ma sono sempre Angela.
Ho sposato Saverio.
Alla mensa universitaria un giorno incontrai un buffo e simpatico studente di chimica, che, urtandomi, mi rovesciò addosso il caffè. C’innamorammo subito.
Due cape di ‘mmerda così, non potevano che mettersi insieme.
L’ho sposato e ci ho fatto tre figli, e siamo quello che si dice una famiglia felice.
Anche se qualche volta, ascoltando la “Canzone dell’estate” di De André, sento un impercettibile nodo alla gola.
Ma forse è solo la tiroide, sai, alla nostra età.
E non ci penso.
Viviamo bene qui a Bologna sulle colline che si stagliano verso l’Appennino.
Lui è direttore di uno stabilimento chimico. Spero di presentartelo.
E’ un amore di uomo. Per me farebbe qualunque cosa. I figli li ha praticamente tirati su lui, per permettere a me di seguire la mia carriera accademica. E non l’ho mai sentito fare il minimo lamento, su niente.
Siamo un po’ fuori mano, ma qui d’estate qui si sopporta il caldo torrido di Bologna.
Di te so che sei ormai un notista politico molto conosciuto e anche un po’ temuto. Di Mara so che è un bravo avvocato.
Come sta?
E’ sempre bionda? Conserva la sua solita autorevolezza?
Non smetterei più di scrivere. Mi sembra così di averti vicino in questo spazio virtuale.
Ora vado a cena, mi aspettano di là.
Ti bacio.
La tua Angela.