mercoledì 4 aprile 2012

Appunti di giorni passati. Un romanzo d'appendice.


Uno.

Erano le cinque del pomeriggio, c'era ancora tanta luce. Era una bella giornata tiepida di settembre.
Amo ascoltare il chiacchiericcio della gente che mi sta intorno nei luoghi pubblici. Soprattutto all'estero mi piace cercare di capire quello che dicono, raccontano, le persone.
Tra l'altro è un modo per misurare la mia conoscenza della lingua.
Fu mentre salivo per le scale di uscita del metrò che li udii parlare alle mie spalle.
In Italiano.
In Napoletano.
Là per là pensai, come altre volte, spesso, nelle quali mi era capitato di sentire nei paesi più impensati la mia lingua: "noi napoletani siamo dappertutto".
Ma poi lo strano argomento della conversazione mi incuriosì.
Così continuai a camminare davanti ai due uomini, cercando di non perderne il contatto.
Parlavano di contratti d'appalto per il riciclaggio della plastica derivata dai rifiuti domestici, della delibera del comune che obbligava la raccolta differenziata, di amici fidati che avrebbero fatto sì che l'affare sarebbe andato in porto, con grossi guadagni per tutti.
Parlavano anche di rompicoglioni francesi che sostenevano l'inutilità di simili iniziative, sia dal punto di vista ecologico, che dal punto di vista economico e che "non facendosi i cazzi loro" avevano cercato di convincere il sindaco a lasciar perdere.
Parlavano di un funzionario dell'Unione Europea che era stato inviato per indagare sull'effettiva fattibilità del progetto.
Sembrava, dai loro discorsi, che fossero stati incaricati di neutralizzare "con qualunque mezzo" le iniziative di questo, che si diceva fosse un ingegnere esperto del settore e molto prevenuto sulla reale possibilità di riciclare quelle materie plastiche.
Quel funzionario ero io.

(continua)



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