domenica 18 novembre 2012

Ritratti ad acquerello


6. Bianca. Il mio amore per la matematica

Quella mattina d’inverno c’era sciopero e manifestazione dei fascisti. Davanti al Genovesi c’era un picchetto composto da mazzieri venuti da fuori e dai pochi fascisti del nostro liceo.
Quasi tutti gli studenti quel giorno, compresi i miei compagni, avevano preferito fare filone ed evitare rischi di mazzate.
Io, per coerenza e, lo ammetto, per stronzaggine, per confermare la mia immagine di compagno duro e puro avevo deciso di entrare lo stesso, fottendomene dei fascisti e forzando il picchetto. In verità contavo sul fatto che nel picchetto c’era qualche mio compagno di classe e che godevo di un certo rispetto, per cui sapevo che la probabilità di prendere mazzate era piuttosto bassa e comunque trascurabile rispetto all’enorme guadagno in termini d’immagine.
Così entrai.
Aveva cercato di fermarmi Tatà, uno dei cosiddetti “fratelli vaccarielli”, l’altro era Enzo, il più piccolo. Era finita con uno scambio di schiaffoni, uno preso da me, ma due presi da Tatà. Il quale, come avevo giustamente calcolato, quando vide i suoi camerati venirgli a dare man forte disse loro di allontanarsi, che con me se la sarebbe vista da solo. Così dopo la paccariata mi lasciò passare.
Salito in classe, mi accorsi di essere l’unico di tutto il Genovesi che era entrato.
Era l’ora di matematica. Lei si presentò puntuale come sempre nonostante i picchetti e lo sciopero.
Al suo ingresso mi alzai in piedi in segno di saluto, come d’abitudine.

“Non mi aspettavo di vederla stamattina, Romano. Però, forse, a pensarci bene, mi sbagliavo.”

Sedette in cattedra e prese lentamente un libro dalla sua borsetta di pelle nera.

Era una donna di più di cinquant’anni, Bianca Scognamiglio, aveva un viso che poteva sembrare cattivo a prima vista, ma che guardato con più attenzione e profondità di spirito, si rivelava bello, il viso di una donna che in anni più giovani doveva essere stata molto bella. Era alta e snella per la sua età, ma aveva forme armoniose sia pur pudicamente nascoste da un abbigliamento estremamente sobrio, freddo e formale: tailleur grigio, verde scuro o marrone, twin set di lana, sempre impeccabilmente accoppiati, una collana di perle, scarpe classiche con tacco medio elegantissime.
Aveva gli occhi verdi e occhiali con una montatura nera sottilissima e squadrata.
Tatà, sì quello con cui avevo fatto a mazzate, più di una volta mi aveva confessato che la Scognamiglio spesso sconvolgeva di notte i suoi sogni erotici di adolescente.

Aprì il libro. Era piccolo, dalla copertina lucida, rilegato in pelle.

“Le va se stamattina approfittiamo che siamo soli per leggere e commentare alcuni passi di San Giovanni Della Croce?”

Sorpreso e in soggezione (ero sempre in soggezione davanti alla Scognamiglio), balbettai a voce bassissima

“Veramente sono ateo, professoressa. Non so quanto possa interessarmi”

Mi guardò con i suoi occhi cattivi.

“Le interessa, e poi non faccia il buffone: è troppo giovane per dirsi ateo. Stia attento e ascolti. Dopo, se ci sarà tempo, parleremo di matematica, ma non vado avanti con una lezione in assenza della classe.”.

Così mi sciroppai mezz’ora di letture da San Giovanni Della Croce, di cui confesso non ricordo niente.

Finalmente posò il libro e mi propose:

“Romano, visto che lei non ha problemi con il programma di algebra e sono certa non ha bisogno di chiarimenti o spiegazioni, le va se la faccio un’introduzione alle geometrie non euclidee? Vorrei parlarle della geometria di Lobacevskij.”

Io ero veramente molto bravo e appassionato di geometria euclidea, l’idea che la Scognamiglio mi ritenesse degno di poter andare oltre, mi lusingò e m’inquietò allo stesso tempo.

“Certo, professoressa, risposi, m’incuriosisce sapere che possono esistere altre geometrie.”

Così trascorremmo ben più di mezz’ora in una lezione sulla geometria iperbolica che nulla aveva a che vedere con i programmi.
La guardavo ammaliato e ascoltavo ogni sua parola dalla sua voce roca e seguivo ogni passaggio alla lavagna con una concentrazione che raramente ho ritrovato più avanti negli anni.
Alla fine delle due ore ero orgoglioso di aver capito, di essere stato in grado di seguire i suoi passaggi logici e geometrici.
Di quella mattinata mi è rimasto il ricordo dei suoi occhi, l’unica volta in cinque anni di liceo in cui mi dedicò uno sguardo buono.

Qualche settimana dopo, in un’altra giornata di sciopero, questa volta proclamato dai “Comitati di lotta”, disertai la manifestazione.
Andai alla biblioteca nazionale.
Presi “Nuovi Principi della Geometria con una Teoria completa delle Parallele” di Nikolaj Lobacevskij e cominciai a studiarlo.

Milano 18 novembre 2012.






Nessun commento:

Posta un commento