mercoledì 7 novembre 2012

Ritratti ad acquerello


5. Julia. La parrucchiera russa

Finito.
Lavati, tagliati e pettinati i capelli.
A spazzola stavolta.
E all’improvviso, ho visto nello specchio il viso di mio nonno Francesco, Francesco Romano, come me.
Mi sono guardato incredulo, con attenzione, mi sono concentrato su quell’immagine. Era proprio lui nello specchio, non più io.
Lui a 58 anni.  
Stessa faccia, stessi occhi, stessi capelli bianchi, stessa pettinatura, stesse rughe, stessa espressione severa, stesso sguardo freddo e attento.
“Me so’ fatto viecchio”, ho pensato guardando la faccia di mio nonno nello specchio.
Ma questa scoperta non mi ha inquietato, né mi ha depresso.
Somigliare in maniera così incredibile a mio nonno mi ha riempito d’orgoglio.

“Allora, va bene?”

Era la voce di Julia, la parrucchiera, che mi ha distratto da quei pensieri e mi ha riportato alla realtà.

“Sì, perfetto. Come sempre”, ho risposto con un impercettibile sorriso guardando nello specchio i suoi occhi di ghiaccio, di quel celeste che hanno solo gli occhi delle donne russe, così come un particolarissimo verde bottiglia caratterizza gli occhi delle ragazze irlandesi.

E’ poco più alta di me Julia, capelli biondi chiarissimi, occhi celesti, magra come può essere magra una donna russa intorno ai 40 anni, dalle forme armoniose, ma che esprimono forza.
Da un paio di anni vado nel suo negozio di parrucchiere a tagliarmi i capelli.
Ricordo la faccia che fece la prima volta, quando, mentre con cura meticolosissima mi stava sistemando le basette, mi rivolsi a lei in russo, chiedendole di che regione fosse.
Avevo capito dall’accento inconfondibile che doveva essere russa o ucraina.
Trasalì un attimo e fissandomi con i suoi occhi penetranti come spot di un laser che ti colpisce fino al profondo dello spirito, mi chiese in italiano come mai conoscessi il russo. Le risposi che lo avevo studiato ai tempi dell’università, del politecnico, che avevo studiato su testi russi di matematica, sul Demidovich.

“Il Demidovich! Anch’io ci ho studiato analisi matematica all’università a Pietroburgo, ma lei è un matematico?”

“No, sono ingegnere”

“Anch’io sono ingegnere, ingegnere minerario.”

“Io, meccanico e nucleare. E com’è che fa la parrucchiera qui a Milano?”

“Sono della regione del Caspio, ai confini con il Kazakistan, una regione ricca ai tempi dell’Unione Sovietica.
Quando ero ragazza ricordo che con mia mamma, con pochi soldi e senza problemi, potevamo permetterci di andare in aereo ad Alma Ata o addirittura a Istanbul a fare compere.
Dopo il liceo ho vinto una borsa di studio alla facoltà d’Ingegneria dell’Università di Pietroburgo. Sono stati anni bellissimi.
Finiti gli studi sono tornata al mio paese sul Caspio, ma eravamo precipitati tutti in una povertà senza speranza. Niente più fabbriche, miniere abbandonate, né ero riuscita ad ottenere il permesso di lavoro per andare a Mosca o tornare a Pietroburgo.
Con un’amica sono venuta in Italia, all’inizio solo per guardarmi intorno.
Poi ho conosciuto Antonio e l’ho sposato. E ho aperto questo negozio di parrucchiere.”

Così, circa una volta al mese vengo a passare un’ora da Julia, che mi sistema i capelli e parliamo di letteratura russa, di Dostojevsky, di Tolstoi, degli autori moderni o delle differenze di modo di vivere, della situazione politica, in Russia e in Italia.
Lei mi racconta delle bellezze del suo paese.
Quando parla di Pietroburgo le si illuminano gli occhi, quegli occhi celesti di ghiaccio, eppure così vivi e penetranti e se le parlo di cantieri in Kazakistan, di Alma Ata, dell’inverno sul Caspio, in quegli stessi occhi colgo un impercettibile velo di malinconia.

“Forse prenderò la cittadinanza italiana -  Mi ha detto questa mattina salutandomi, - sono sposata, vivo e lavoro qui da oltre 10 anni, posso ottenerla”.

“Eppure se non ricordo male, mi aveva detto che ha voluto che sua figlia, pur nata in Italia, avesse la cittadinanza russa, della sua famiglia”.

Mi ha guardato con il suo sorriso impercettibile e negli occhi quel velo di malinconia.

“Alla prossima”

“Alla prossima, arrivederci”.

(Milano, 7 novembre 2012)


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